The work
Il convegno del 19-20 giugno 2004, promosso dall´I.Ci.Mar in collaborazione con l´Amministrazione comunale di San Teodoro e la Consulta intercomunale Gallura di Arzachena, ha affrontato, con l´apporto di qualificati studiosi, il tema della lingua, argomento di grande attualità e particolarmente sentito dalla popolazione gallurese. Da qualche anno a questa parte, infatti, il problema delle lingue minoritarie in Sardegna è scivolato, e non per colpa dei galluresi, da un piano squisitamente linguistico e culturale ad un terreno più infido e improprio, quello politico, con implicazioni ed esiti abbastanza tortuosi e tormentati. Il gallurese, usato in Sardegna da una minoranza linguistica di poco più di centomila parlanti, si sente, in qualche maniera, una lingua ´assediata´, oggetto di discriminazioni, di pressioni, di spericolate manovre politico-culturali che tendono a fagocitarlo inglobandolo in quell´amorfo calderone della ´lingua sarda unificata´ (di cui pochi sardi, peraltro, sentono il bisogno) con cui taluni politici pensano di poter costruire e cementare quella nazione sarda dalla quale, in prospettiva, dovrebbe nascere lo stato sardo indipendente. Queste discriminazioni comportano anche danni economici per i galluresi che si vedono privati, nelle iniziative culturali, di quei contributi regionali previsti e generosamente elargiti per la cultura sarda, ma non gallurese. È successo infatti che, alcuni esponenti politici, alla ricerca di facili e improbabili giustificazioni, col supporto di un agguerrito manipolo di intellettuali, abbiano ravvisato nella debolezza e discontinuità della lingua dei sardi la causa prima di tutti i mali della Sardegna, ivi compreso il mancato sviluppo economico. Da qui il tentativo, maldestro ma pervicace, di risolvere per via politica il problema di una lingua unica e unificante, vista e sognata come soluzione di tutti i problemi dell´isola. Questo disegno astorico e fuori tempo, che si regge sui miti fallaci di un passato glorioso e felice che la Sardegna non ha mai conosciuto, privo oltretutto di un´analisi seria e puntuale della realtà sarda attuale (in cui pochissimi sardi parlano il sardo e i sardi delle diverse sub-regioni dell´isola spesso si capiscono tra loro solo grazie alla mediazione dell´italiano) trova nel gallurese uno dei principali ostacoli; proprio la lingua gallurese, infatti, tra quelle non sardofone presenti in Sardegna (le altre sono il catalano di Alghero, il ligure-tabarchino di Carloforte, il sassarese, e i dialetti dell´Anglona) rappresenta forse la parlata più compatta, regolare e ´illustre´, oltre che, probabilmente, quella più vitale. La lingua è un fatto naturale, non la si può imporre per legge o per decreto; essa vive finché ci sono persone che la parlano. E i galluresi, italofoni da sempre, la loro lingua la parlano, la frequentano, la esibiscono con amore e orgoglio, assai più e meglio di quanto non facciano abitualmente i ´sardi´ con la loro. Quando c´è aria di pericolo la gente si stringe, si compatta: è quanto sta avvenendo in Gallura dove i problemi della lingua e della cultura mobilitano la gente, divengono problemi d´identità, patrimonio prezioso e irrinunciabile del popolo che oggi più di prima vuol conoscere la sua storia e il suo passato per meglio capire sé stesso e gli altri; perché i galluresi desiderano continuare a confrontarsi pacificamente e proficuamente con tutti i sardi, senza preclusioni o discriminazioni. In altri tempi molti dei problemi che ora emergono in maniera forte e incalzante sarebbero probabilmente apparsi trascurabili, degni solo di oziose discussioni accademiche; ma da quando i galluresi hanno avvertito i rischi tutt´altro che virtuali che, dall´oggi al domani, la loro lingua possa essere cancellata, azzerata dal sardo egemone, l´allarme è forte e quest´allarme ha prodotto in tutta la Gallura una reazione tenace e risentita. I galluresi, come tutti ormai dovrebbero aver capito, sono dei sardi un po´ speciali, forse anche molto speciali, diversi, per lingua, origini, costumi dagli altri ´coinquilini´ dell´isola di Sardegna. Con tenacia e volontà hanno abdicato a un passato travagliato e oscuro di lotte e di violenze trasformandosi in una popolazione operosa, mite, matura e tollerante, aperta alle novità, pronta al dialogo e alla comprensione delle ragioni altrui; ma guai a crederli arrendevoli e disposti a transigere su problemi essenziali quali l´identità e la loro cultura; guai a pensare, ottusamente, che essi, in nome della tolleranza e del quieto vivere, possano sacrificare la loro civiltà e la loro lingua, la lingua che è segno concreto e inconfutabile dell´identità del popolo. Il convegno aveva lo scopo esplicito di dare risposte e indicazioni, per quanto possibile, esaustive, ai tanti interrogativi e dubbi - mai sufficientemente analizzati e chiariti - sulle origini, la natura e la portata storica e culturale della lingua del popolo gallurese; ad alcune di queste domande i relatori hanno fornito contributi utili e convincenti, per altre, probabilmente occorreranno ulteriori approfondimenti. Il problema, ad esempio, della nascita del gallurese (che non è solo problema di datazione) si presenta ancora oggi come caso ostico e tutt´altro che chiarito e risolto: da un lato l´insufficienza del materiale documentale disponibile, dall´altro, il tipo di approccio ´ideologico´ con cui l´argomento è stato affrontato nel passato e fino a qualche anno addietro, hanno spesso portato a conclusioni affrettate e non sempre condivisibili. Ora, gli studi più recenti, come è emerso anche nel corso del convegno (si veda al riguardo la bella e ponderata relazione di Giovanni Pirodda) sembrano voler accogliere la tesi, per noi scontata, di una maggiore antichità della lingua gallurese. È dello stesso avviso Giulio Paulis che, citando gli storici Argiolas e Mattone, ricorda come i còrsi fossero ben presenti in Gallura intorno alla metà del Cinquecento, mentre tratti comuni al sassarese e al gallurese sarebbero rilevabili in un Canzoniere ispano-sardo della seconda metà del Seicento. Lo studioso segnala inoltre di aver riscontrato ´materiali toponimici galluresi´ nel Liber Fondachi della curatoria di Galtellì che un tempo faceva parte del giudicato di Gallura. Il gallurese è dunque certamente lingua antica, ma dire quanto sia antica non è impresa da poco; certamente, la nostra Isola - e nella nostra Isola la Gallura in particolare - ha conosciuto una fase linguisticamente confusa e variegata, e ciò a causa della contemporanea presenza di genti diverse. Probabilmente potremmo pensare ad un territorio in cui un linguaggio còrso-gallurese fosse presente già in epoca pisana. Ci soccorre, tra l´altro, in questa nostra convinzione, l´analisi chiara dello storico F. Pomponi, secondo il quale l´immigrazione còrsa del XVIII sec. e il conseguente ripopolamento di vaste plaghe della Gallura da parte dei coloni còrsi, non paiono affatto motivi sufficienti a giustificare la svolta linguistica e culturale così profonda e radicale dell´area gallurese. Ma allora la causa di ciò andrebbe ricercata a monte, in una terra già intimamente gallurese-còrsa e quindi pronta a ricevere e a integrare i nuovi venuti. Le giornate di studio dedicate al gallurese, lingua o, se a qualcuno piace di più, dialetto italiano, non poteva prescindere da una cornice più vasta che comprendesse, per l´appunto, da un lato i contributi fondamentali e indispensabili degli italianisti, dall´altro quelli, per i galluresi importantissimi e ´parentali´, degli studiosi còrsi, per l´occasione rappresentati da Dominique Antona che si è soffermata sulla letteratura còrsa, vista soprattutto nelle sue relazioni con la letteratura sarda contemporanea e, in particolare, con quella gallurese. Marziano Guglielminetti ha illustrato il tema importante e coinvolgente della lingua italiana nel processo di unità nazionale, ruolo difficile e contrastato, da un lato, da un analfabetismo diffuso, dall´altro, dalle parlate regionali poco disposte a cedere il passo; tutto questo senza contare che la percentuale di italofoni nel 1861, all´alba dell´unità d´Italia, non superava il 2,5%. Aldo M. Morace si è soffermato sulla figura di Carlo Varese e il romanzo storico in Sardegna. L´autore di estrazione scottiana, oggi poco noto, amava ambientare i suoi romanzi in Sardegna senza mai essere stato in quest´Isola. Contributi importanti sono venuti da Renzo De Martino (Galluresi e Còrsi nella lingua e nella cultura), da Manlio Brigaglia che, con la ben nota capacità e arguzia ha analizzato il futuro del gallurese, da Tomaso Panu (ruolo della Consulta Gallura nella tutela e valorizzazione del Gallurese), mentre, chi scrive, ha trattato il tema ´Gallurese e Galluresi, una lingua, un popolo´. Salvatore Brandanu
|