S'òpera
Riordinando un cassetto zeppo di cianfrusaglie, a Sibilla era venuta in mano una scatola dimenticata e arrivata lì chissà come: Petalia di Tokalon, la cipria miracolosa dei suoi primi anni di ragazza. Aprendola e aspirando il profumo di quel che rimaneva, era stata invasa da un´ondata di ricordi: quei maldestri tentativi di seduzione, in casa di Micol, col bel vestito salvia invidia delle amiche, le scarpe col tacco, le calze di seta; il giorno in cui aveva osato rischiare e ne aveva comprata una confezione che teneva nascosta tra i libri, sperando che non cadesse nelle mani di Rosa, che giudicava peccaminoso ogni tipo di trucco e annusava tutt´intorno, non riuscendo a spiegarsi quell´odore pervasivo; la nostalgia che ne aveva avuto a Roma, dove non riusciva a trovarla, e doveva accontentarsi di quella di Grazia, molto più spessa e dozzinale. Tutte cose che le risvegliavano il desiderio di farsi bella, di impreziosire il suo viso troppo acqua e sapone. Subito accompagnate dal pensiero che certo, sua suocera, quella marca raffinata di cipria non la conosceva, anzi che di cipria, nella sua vita di sacrifici, non ne aveva mai usata.
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