The work
LA GUERRA, IL TEATRO, L´IMPORTANZA DEL RACCONTARE di Pierpaolo Piludu Nel 1994, mentre sull´altra sponda del mare Adriatico imperversava la guerra nella ex Jugoslavia, insieme ai miei compagni del cada die teatro decidemmo di portare in scena delle storie ambientate negli anni della seconda guerra mondiale: volevamo raccontare la guerra dal punto di vista di chi la subisce e stando dalla parte delle persone più deboli. Iniziai a scrivere la storia di un bambino che aveva vissuto a Cagliari le giornate in cui gli aerei americani sorvolavano indisturbati la nostra città e sganciavano i loro carichi di morte. Pensai a un bimbo con una disabilità fisica: forse era cieco e avvertiva prima degli altri l´arrivo delle fortezze Volanti; forse una forma di poliomielite, allora ancora molto diffusa, gli impediva di correre veloce come i compagni verso i rifugi mentre risuonavano gli allarmi... Durante le ricerche per documentarmi, due anziani di Villanova mi raccontarono come trascorrevano le giornate da bambini, negli anni del fascismo. Quando chiesi loro se anche ragazzini down o con problemi fisici partecipassero alle partite di calcio con i palloni di stracci o alle manifestazioni nei campi della GIL di viale Bonaria, tutti e due mi guardarono sorpresi: "Mongoloidi?... No, con Mussolini mongoloidi no ci ´ndifiantaì" "Come sarebbe a dire ´non ce n´erano´?! Forse voi non ne avete conosciuto..." "Noo! No ci ´ndifiantal Durante il fascismo non esistevano. Sono venuti tutti dopo!" In un attimo realizzai che negli anni ´30 e ´40, quando imperversava il culto della razza ariana, molti bambini e ragazzini down venivano tenuti nascosti, nelle case, dai genitori che si vergognavano... In quello stesso istante decisi che il protagonista della storia sarebbe stato un simpatico bimbo down e che si sarebbe chiamato Benito! Fino a oggi lo spettacolo in cui raccontiamo sia la storia di Benito Puddu, ambientata a Cagliari, sia quella di Leandro Corona, scritta da Alessandro Mascia e ambientata nella provincia, è stato presentato centinaia di volte agli studenti delle scuole superiori della città e dell´hinterland. In questi anni, a conclusione della rappresentazione, è capitato spesso che qualche ragazzo, molto candidamente, ci domandasse: "Ma questa storia di Cagliari bombardata è tutta inventata, vero?" Sembrava incredibile, ma tanti sedicenni ignoravano la tragedia vissuta in prima persona dai loro nonni, quando la città venne quasi completamente distrutta! In quelle circostanze abbiamo avuto conferma che il teatro poteva essere uno strumento importante per far riflettere i ragazzi sulle tragedie delle guerre, ma che sarebbe stato ancora più importante far ascoltare agli studenti di oggi le voci ´dei bambini e dei ragazzi del ´43´: dovevano essere questi ultimi a passare il testimone della memoria ai giovani di oggi. La nostra città aveva vissuto una tragedia di simili proporzioni solo nel lontano 1258 quando i Pisani raserò al suolo Santa Igia e affinché se ne perdesse anche il ricordo, la ricoprirono di sale. Ci sembrava fondamentale che la voce, i visi, i racconti di tutti coloro che avevano visto Cagliari sbriciolarsi sotto le bombe stavolta non andassero perduti sotto il ´sale dell´oblio´, ma che potessero essere ascoltati e visti anche dalle generazioni più giovani e da quelle future. Pertanto, parallelamente alle repliche dello spettacolo, a partire dal 2006, abbiamo iniziato una ricerca volta alla creazione di un archivio video dei testimoni dei bombardamenti cagliaritani del 1943. In collaborazione con la cattedra di Antropologia Culturale dell´Università di Cagliari e con l´Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro, abbiamo deciso di registrare il maggior numero possibile di storie dalla viva voce di chi era a Cagliari in quelle tragiche giornate. L´iniziativa ha coinvolto sinora 120 persone di età compresa tra i 72 e i 101 anni e la ricerca è ancora in corso. Quasi tutti gli intervistati hanno raccontato dei giorni vissuti sotto le bombe, soffermandosi specialmente sui momenti più drammatici: chi ha visto il proprio palazzo crollare, chi è rimasto sotto le macerie per ore o addirittura per giorni, chi è stato ferito, chi ha visto morire fratelli, genitori, amici... Alcuni testimoni hanno preferito ricordare i momenti tragici mettendo in evidenza gli aspetti comici legati alla paura, alla fame o all´incoscienza, come quando, da bambini, si affacciavano sui tetti per osservare con meraviglia i suoni e le luci della contraerea e delle prime bombe che cadevano sulla città. Molti intervistati avevano già raccontato le stesse vicende ai familiari. Altri, per loro stessa ammissione, hanno trovato il coraggio di ricordare pubblicamente quei tristi momenti per la prima volta in occasione della registrazione. In entrambi i casi, spesso le testimonianze sono state interrotte per la commozione. I frammenti dei racconti inseriti nel libro non hanno pretese letterarie. Non ho chiesto a nessun testimone di riscrivere la vicenda narrata oralmente in funzione di una pubblicazione. Ho ritenuto importante che anche nelle pagine del libro rimanesse viva la dimensione dell´oralità che attribuisce spontaneità e forza ai racconti. Considerato che spesso l´espressività e la gestualità del racconto dal vivo sopperiscono o rendono addirittura superflue molte parole, mi sono limitato a minimi interventi sul testo, necessari esclusivamente alla comprensione. Sia nel corso delle interviste, sia nella selezione e trascrizione dei racconti, ho cercato di fare tesoro dell´esperienza maturata nel corso di una tesi di laurea su "La pratica del narrare a Scano Montiferro" realizzata anni fa con la supervisione del professor Giulio Angioni. Al centro d´arte e cultura LA VETRERIA di Pirri, tra breve, sarà disponibile l´intero archivio video della ricerca, con tutte le testimonianze raccolte in questi anni. A partire dal 2006, all´interno della scuola d´arti sceniche della VETRERIA, abbiamo attivato un laboratorio teatrale rivolto ad adulti e anziani, per raccontare come vivevano a Cagliari i bambini e i ragazzi nelle giornate di guerra. Da questo laboratorio è scaturito uno spettacolo, "CAGLIARI 1943. La guerra dentro casa", che ogni anno presentiamo al pubblico soprattutto tra febbraio e maggio, in occasione degli anniversari dei bombardamenti. I nostri allievi, tra cui insegnanti e avvocati in pensione e testimoni diretti dei bombardamenti, indossano con entusiasmo pantaloni corti da Ballila e divise femminili da Giovani Italiane per interpretare la parte di bambini che frequentavano la scuola negli anni ´30, quando imperava la retorica fascista. Purtroppo, in questi anni, numerosi conflitti bellici hanno accompagnato le nostre giornate. Quando abbiamo iniziato a registrare le storie dei testimoni dei bombardamenti era da poco iniziata in Iraq la cosiddetta ´seconda guerra del Golfo´. Molti balconi di Cagliari avevano preso i colori delle bandiere della pace. Noi continuavamo a portare in scena in tantissime scuole i racconti di Benito Puddu e di Leandro Corona; due storie forse non molto diverse da quelle di un Mohamed o di una Munirà, e di chissà quanti altri ragazzi e bambini di cui non conosceremo mai neanche il nome, che proprio in quei giorni morivano a causa di una guerra che non eravamo stati capaci di fermare. Sono convinto che se conoscessimo anche solo un breve frammento della vita di un qualsiasi essere umano coinvolto in guerre vicine o lontane, non potremmo più sentir parlare con indifferenza di ´effetti collaterali´; non potremmo continuare a mangiare come se niente fosse di fronte a una tv che snocciola freddi numeri di bollettini di guerra. Ricordo che mentre ascoltavo le storie dei bambini del ´43 scattava spesso in me una forte ´con/passione´: immaginavo di correre insieme a loro in via Baylle o in via Azuni verso il rifugio più vicino. Mi sembrava di rivivere lo stesso sconcerto provato da Carlo e Paola1 quando, da bambini, scoprirono che la loro casa era stata abbattuta e che, da un momento all´altro, avevano perso tutto: erano rimasti loro solo gli abiti che avevano indosso. Mentre ricordavano quei momenti terribili vivevano di nuovo quelle emozioni... e le facevano vivere anche a me. Se questi racconti di Cagliari del ´43 riusciranno a trasmettere anche solo una piccola parte degli stati d´animo provati dai nostri concittadini che hanno conosciuto ´la guerra dentro casa´, la nostra ricerca avrà raggiunto la sua finalità.
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