S'òpera
Mannucanu è il nome di invenzione che evoca il volto di un grande vecchio saggio forse dalla capigliatura candida. Un po´ "Penna bianca" e un po´ "mago della montagna". In questi racconti Mannucanu viene tratteggiato da chi lo conobbe e lo incontrò da vivo. L´occasione è il momento della sua scomparsa, e tutto il paese si accorge che senza di lui tutti sono più poveri, e tutti raccontano il proprio momento di incontro con Mannucanu. Come nella migliore letteratura sudamericana (Sepulveda, Marquez, Cortazar), nel raccontare episodico e legato alla personalità di chi racconta, si crea mano a mano la tela dei ricordi, e la tela avvolge tutti nel suo filo trasparente ma magicamente resistente. Mannucanu, vero spirito del luogo, a tutti ha dato, insegnato qualcosa, e da tutti ha ricevuto. La terra sarda imprime alla vita del piccolo villaggio un ritmo canoro legato ai suoni della natura e della vita degli umani e degli animali (asini, galline e perfino topi). Con questo ritmo si svolgono e si avviluppano le narrazioni, guidate, come in una "contraddanza", dal desiderio di non perdere le proprie radici. La vita è un gioco, sembra suggerire Mannucanu dalla sua ultima dimora, alla quale tutto il paese si reca facendo la fila per ore e ore, e i racconti su di lui si snodano come per una "tombola" di Natale di cinquina in cinquina.
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