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Scrivo dunque sono: dal web un nuovo tipo di esibizionismo

Press review | La Nuova Sardegna | Wed, 28 May 2008
Ultimamente sono comparsi sulla rete internet diversi siti per consentire a tutti di scrivere e pubblicare. Un esempio significativo è rappresentato da Wikipedia, ma ci sono anche Alidicarta, Portale Giovani, Lulu, Ars box e tanti altri per tutti gli interessi e i gusti. E´ nata ora anche una nuova iniziativa del gruppo L´Espresso per l´auto-pubblicazione dei propri scritti. E´ sufficiente cliccare su www.ilmiolibro.it per avere la soddisfazione di vedere pubblicato il romanzo che da tempo si sognava di pubblicare o la tesi di laurea, una raccolta di poesie, un saggio, o altro scritto si intenda diffondere. I costi sono contenuti e evidentemente si risparmiano i tempi tecnici editoriali. Il servizio si chiama ´self publishing´, il nome, come il modello, è di provenienza americana ed ha il sapore misto della democrazia e del mercato, di cui d´altronde internet, come piazza globale, è la massima rappresentazione. Della democrazia perché evidentemente ciascuno può esprimere e rendere pubblico ciò che pensa e sente, del mercato perché è prevista anche la pubblicizzazione e la vendita del prodotto e di altri servizi connessi. Le considerazioni che si potrebbero fare sono tante: sulla libertà espressiva, sulla possibilità di successo saltando i passaggi dei circuiti ufficiali (Saviano e Moccia insegnano), sull´invasione di nuovi romanzi e scrittori(le case editrici non riescono a far fronte alla massa di dattiloscritti che ricevono), sulla necessità o no di filtri, sulla competenze che si perdono e si conquistano, sulle nuove frontiere del libro on demand e tanto altro ancora. Ma c´è un aspetto che mi sembra interessante sottolineare ed attiene alla sfera dell´interiorità individuale. Riguarda il crescente bisogno di scrivere, l´euforia dell´esserci, del raccontarsi, del riconoscersi nel raffigurarsi. Il nuovo motto rappresentativo dell´uomo potrebbe essere ´l´uomo è ciò che scrive´, piuttosto che ´ciò che mangia´ o ´ciò che pensa´ di filosofica memoria, o del consumistico e consolatorio ´ciò che compra´. E´ come se non esistessimo se non lasciamo traccia su internet. Si va a frugare per vedere quanti richiami sul nostro nome compaiono, si cerca di aumentarli scrivendo delle proprie passioni, degli hobby, dei sentimenti, dei fatti anche più privati e intimi, abbattendo le barriere del pudore e spesso della dignità di sé. Sembra che soltanto l´uscire dall´anonimato e dalla presunta banalità del quotidiano consegnino senso all´esistere, esorcizzino la nostra paura di invisibilità. Umberto Galimberti nel suo ultimo libro ´L´ospite inquietante´ in un passo sostiene ´che oggi la cosa più sconosciuta e di cui (il pubblico) ha la massima curiosità non è più, come un tempo, la vita degli déi o dei sovrani, ma la vita comune interpretata da persone comuni, la vita quotidiana di tutti noi´. Pare insomma che la necessità, la curiosità e il narcisismo di esporre se stessi e la propria vita e spiare quella degli altri stiano proprio diventando un fenomeno diffusissimo. Non soltanto attraverso i media che ci propinano ogni tipo di reality, ma individualmente attraverso tutti i mezzi che la nuova tecnologia consente. Diventa facile, persino avido e morboso, esporre, mettere a nudo, raccontare se stessi. Sembra una sorta di nuova terapia di gruppo on line. Infatti ci sono i blogs e le community per discutere gli scritti, condividere o contestare osservazioni ed opinioni. Ma attenzione tutti possono farlo e dire tutto e il contrario di tutto! A noi spetta la mediazione tra quanto riteniamo giusto e quanto suona falso. Noi dobbiamo costruirci la mappa da seguire per non perderci. A meno che non sia solo un bisogno autistico, alternativamente, di stare sotto i riflettori pubblici o di osservare chi ci sta, indipendentemente dal senso di ciò che scriviamo o leggiamo o da ciò che stiamo cercando di noi stessi. Solipsistico segnale di un mondo in cui paradossalmente all´aumento della comunicazione corrispondono maggior solitudine e chiusura nel proprio universo più o meno virtuale ed inventato. La confusione è tra quanto siamo realmente e l´immagine che vogliamo trasmettere, tra identità privata e pubblica, tra realtà e apparenza. Ma non è questa la novità, perché da sempre l´uomo ha cercato di camuffare con maschere varie la sua vera essenza (Pirandello con le sue opere ha scandagliato a fondo il tema), ma la differenza sta nella marmellata generale in cui oggi sembra di sguazzare, senza confini leggibili di competenze, di ruolo o sociali ed etici e neppure generazionali. E´ la società liquida di cui parla Bauman in cui comunque saremo costretti a imparare a nuotare anche se non sappiamo quale sarà il prezzo che dovremo pagare.

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