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Sguardo da antropologa su Porto Cervo

Rassegna stampa | Mer, 14 Giugno 2006
Taglio antropologico. Asciuttezza del ricercatore. Cura dei dettagli. Rifiuto di idee precostituite. Accuratezza di una visione sul campo. Ma anche, diciamolo, parecchie suole di scarpe consumate onestamente nei cantieri e nelle strade dei ´Monti di Mola´: un lavoro ben fatto, per sintetizzare, un lavoro come si faceva una volta.
Tutte doti racchiuse in queste cento pagine. Doti che il libro ´Costa Smeralda. Il mito e il modello´ della (allora giovane) antropologa francese Simone Gerlat aveva fermato con assoluta perizia quasi mezzo secolo fa. Libro che oggi l´editore Carlo Delfino giustamente pubblica (25 euro), con una prefazione dell´ex presidente dell´Esit Umberto Giordano e un´introduzione del sindaco di Arzachena Pasquale Ragnedda.
Come potremmo definire, allora, in una parola sola, il volumetto? Tesi universitaria, meglio, relazione per accedere a un corso superiore di perfezionamento, secondo la tradizione francese. Sorta di essai, per essere magari un po´ pomposi. Alt: fermiamoci.
Su questa strada, chi pensasse a un facile e un po´ verboso manualetto di prevedibilità accademica resterebbe deluso. Sarà stata la scuola francese, sarà stata la determinazione e in parte la fortuna di incontrare le persone migliori che vivevano nella Costa degli albori: sta di fatto che, con la benedizione del grande studioso Maurice Le Lannou, la giovanissima Simone Gerlat costruì, nel´64, un ritratto attendibilissimo della situazione umana (meglio, antropologica) di quello che si avviava a diventare il ´modello Costa Smeralda´. E azzardò anche qualche cauta e onesta previsione del futuro sviluppo turistico degli anni successivi.
Mito e modello, come dice il titolo, della Costa Smeralda: la studiosa francese li ha sezionati assai prima del volume del nostro antropologo Bachisio Bandinu. Antropologia ´costacea´ degli albori costruita con umiltà, sano realismo e ritratti allo stesso tempo folgoranti. La Costa come era, come nasceva, come appariva, la Gerlat la ha intuita davvero. Ci sono nel suo libro i giovani pastori diventati manovali o muratori a Porto Cervo, alla ricerca di salari più alti rispetto ai magri compensi di prima.Ci sono i giovani avvocati (e mediatori) che dagli studi di Tempio, Arzachena e Olbia intuiscono quello che si annuncia come un boom economico gallurese. Ci sono gli aristocratici degli ´happy few ´ internazionali che cercano un´alleanza miracolosa ma possibile con i contadini del luogo. E riescono a trovarla, alla ricerca di una inedita arcadia sarda.
Ci sono, infine, i proprietari degli stazzi che conoscono soltanto ´Karim´, e stupiscono che la giovane studiosa non sia ancora riuscita ad incontrare di persona ´il Principe´. Questo per fotografare la semplicità (e l´essenzialità appunto miracolosa) dei rapporti che regolavano allora la vita della Costa Smeralda degli inizi. Certo, i ´costacei´ erano molti di meno, allora, e le loro ville meno numerose. Resta il fatto che vien fuori un quadro che profuma di oleandri e rosmarino, di ginepro e magari champagne, da queste pagine. Un quadro autentico, che certo fa riflettere in tempi di turismo globalizzato.
Certo, non erano (non sono stati) sempre e solo rose e fiori. E´ lo stesso Giordano ad anticipare nella introduzione le motivazioni economiche della nascita del nuovo insediamento in Gallura: ovvero, il trasferimento di capitali da alcuni paesi postcoloniali, verso destinazioni forse più facili e più vicine. Trasferimento compiuto da parte di alcune banche d´affari, in specie da parte della Banca mondiale per lo Sviluppo verso l´isola. Queste cose Gerlat le ha capite quarant´anni fa: forse, le ha intuite. Certo,le descrive e le sa descrivere con arguzia. Persino, nei rapporti fra le amministrazioni locali (per esempio, il comune di Arzachena o la Regione Sardegna) e i nuovi poteri che la Costa Smeralda metteva in moto, guidati, già da allora, dall´ abilissimo e arguto avvocato Paolo Riccardi.
Una raccomandazione, dunque, per concludere. Ci sono molti nomi, in questo libretto che chiunque abbia a che far con lo sviluppo economico sardo dovrebbe leggere. Ci sono nomi, ritratti e foto di un archivio della memoria (e della storia turistica) che la studiosa francese ha saputo realizzare con maestria. Chapeau, allora, madame Gerlat.

Ernesto Massimetti


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