«Il tesoro del Canonico»
Rassigna de imprenta | Mar, 27 Nadale 2005 Lo descrivevano come una mente eccelsa e raffinata, tra gli intellettuali più lucidi dell´Ottocento, e non solo in Sardegna. Ma forse è soltanto dall´ultimo libro a lui dedicato che emerge in tutto il suo rilievo la figura di Giovanni Spano. L´opera, edita dalla Carlo Delfino, s´intitola «Il tesoro del Canonico» e nei giorni scorsi è stata presentata con la partecipazione dell´ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga a Ploaghe. In questo paese, infatti, Giovanni Spano era nato nel 1803 (morì poi settantenne all´indomani dell´Unità D´Italia). Teologo, docente di Sacra scrittura e Lingue Orientali, fondatore della Biblioteca e rettore dell´università di Cagliari, Spano è stato anche un archeologo: fu lui a intraprendere gli scavi dell´anfiteatro romano e a donare la sua collezione di reperti al museo di Cagliari. Ma il canonico di Ploaghe è stato inoltre linguista e poeta in sardo-logudorese, senatore del Regno D´Italia, ancora oggi ricordato come «uno dei sardi più illustri nella Storia del Risorgimento». L´incontro di Ploaghe si è dunque rivelato convegno e al tempo stesso avvenimento centrale per la vita culturale del centro, fortemente voluto dal Comune che ha organizzato anche altre iniziative. «Spano è una figura emblematica del senso incerto che noi sardi abbiamo dell´identità», ha detto, in apertura del suo intervento, Francesco Cossiga. Per poi proseguire: «Il canonico era studioso di cose sarde e al tempo stesso un genio nazionale. Lui è un segno di contraddizione, ma tutta la Sardegna è una contraddizione. Basti pensare all´autonomia ´rinunciata´ da parte di Giovanni Maria Angioy, all´indomani della cacciata dei piemontesi dall´isola. Quando Spano fu nominato senatore accettò il mandato, ma non giurò mai fedeltà al re». Forse solo per rispetto della sua tonaca, in piena Questione Romana, una ferita aperta per la Santa Sede, o piuttosto per un forte spirito identitario, il canonico di Ploaghe rimase, come lo definì Michelangelo Pira, citando Antonio Gramsci, «un intellettuale resistente». Lo storico Manlio Brigaglia, autore della prefazione del volume, ne tratteggia la figura con parole sentite: «Io mi sono affezionato soprattutto per il suo carattere ´molto per bene´. Giovanni Spano era un uomo capace di ricevere anche i colpi dell´invidia dei colleghi. Fu, ad esempio, cacciato dall´università di Cagliari, dove insegnava l´ebraico e le altre lingue erudite, per i suoi studi sul sardo e la sua teoria rivoluzionaria della lingua sarda come calco del latino. All´erudizione accompagnava l´umiltà tipica dell´uomo di scienza, esaltata dall´inclinazione al dubbio e da una curiosità inesauribile. Fu, tra l´altro, antenato del magistrato Giovanni Maria Lei Spano, autore della «Questione sarda», la bibbia archetipica della problematica sulla limba. La vita del Canonico è di per sé un tesoro culturale». Lo scrittore e critico letterario Salvatore Tola, curatore del volume insieme al bibliotecario e giornalista Paolo Pulina, vicepresidente del circolo culturale sardo «Logudoro» di Pavia e responsabile informazione della Fasi (federazione delle associazioni sarde in Italia), racconta il piano del libro e ne delinea la genesi. «Il nucleo originario dell´opera è composto da quattro interventi tratti da un convegno sul canonico organizzato a Ploaghe nel 2002 a cura dell´associazione culturale Giovanni Spano - spiega Tola -. Il libro sarebbe dovuto uscire nel 2003, l´anno del bicentenario dalla morte del grande intellettuale, ma quando si affronta un´opera con tanti autori, il lavoro diventa non facile. Questo ritardo è diventato un vantaggio, perché nel frattempo la Fasi ha promosso tre convegni su Spano: uno a Roma, da cui proviene l´intervento di Grazia Mannironi Lubrano, il secondo a Torino, il terzo a Milano, alla Cattolica, dove il presidente Cossiga ha presentato il suo contributo». (Paolo Coretti)
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