Annalena Manca, “L’accademia degli scrittori muti”, Il Maestrale, Nuoro, 2007
Un intrigo letterario raffinato, intenzionalmente colto nella scelta dell’ambientazione, in un gioco del domino di letture e scritture che porteranno il lettore verso la soluzione del “giallo”, a cui nulla manca: l’intrigo, l’amore infelice, le doppie identità, l’ambientazione gotica, la dark lady e l’ingenua protagonista (che tanto ingenua non è).
Il primo romanzo di Annalena Manca, sassarese trapiantata a Roma, racconta una storia che solo apparentemente sembra tratta da un romanzo d’appendice, con tanto di giovane orfana che agli inizi del Novecento viene assunta da una nobile famiglia di Napoli per badare ai cinque figli, in realtà per scrivere la storia della famiglia.
Anche la giovane protagonista Teresa Senzabene, però, nasconde un segreto, che è proprio il motivo per il quale è stata chiamata a svolgere quel compito nella casa della misteriosa baronessa-pittrice Maddalena. I frequenti rimandi presente-passato svelano poco a poco la trama di un mystery molto “letterario”, perché di libri si parla, e di scrittori e di storie: le vicende incrociate della protagonista e del suo passato si intrecciano con quella della famiglia dei baroni di Falcialunga, in una atmosfera gotica che arriva fin quasi ai giorni nostri.
Chi ha amato un libro come “Possessione” di Antonia Byatt, coltissimo giallo letterario basato su figure mitiche come gli pseudo-biblia e sulla ricerca bibliografica, apprezzerà L’Accademia degli scrittori muti: infinitamente più lineare nella scrittura, originale e non scontato nel finale, dimostra come anche un libro o una lettera, talvolta, possono essere il corpo del reato.
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