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Le stagioni dei liberi muratori nella valle del Tirso



Le stagioni dei liberi muratori nella valle del Tirso - Gianfranco Murtas, S´Alvure di Massimo Pulisci (2009)

Autore/es Gianfranco Murtas
Editore S´Alvure di Massimo Pulisci
Editzione Oristano, Abrile 2009
Pàginas 256 (pintadu)
Genia Sagìstica
Suportu Pabìru 
Prèsu € 35,00
Istèrrida Gianfranco Murtas
Limba de publicatzione Italianu

  Àteros piessignos

S'òpera

Due stagioni storiche e sociali ad Oristano, due stagioni, anche, di vitalità massonica senza clamori però, senza eccessi ideologici, anzi in una continuata e fattiva apertura - in ogni campo possibile od opportuno - a collaborazioni con altre istanze ideali, culturali e civili. Le prime due stagioni, e le più pregnanti e significative forse, delle quattro individuate lungo un arco temporale che sfiora ormai il secolo e mezzo.
Oristano, la città sarda più ´bianca´ (ma nell´Ottocento anticlericale si sarebbe detto, riferendosi polemicamente allo stesso oggetto, più "nera"), accoglie nel suo seno una esperienza latomistica per la prima volta giusto alla metà degli anni ´60 del XIX secolo: gli anni di Firenze capitale. E quando toccherà a Roma, l´ensemble avrà però già mostrato il fiatone apprestandosi malinconicamente alla propria demolizione. Tutto, dunque, si consuma, in quella prima stagione, nel tanto di un lustro, poco più.
Assai più duratura e radicata nelle esperienze civiche e professionali di un numero ben più largo di Artieri che s´approssima forse al centinaio, è la ripresa, nell´A.D. 1907, che muove dalla pratica di loggia maturata presso l´Oriente di Cagliari da diversi Figli della Vedova nativi o residenti nella Valle del Tirso. Dalla loggia-madre essi traggono le tecniche rituali ed organizzative e cercano quindi di procedere in autonomia, gradualmente rafforzando le Colonne con un proselitismo che si allarga a tutto il territorio non soltanto dell´Oristanese ma anche della Planargia e del Marghine, del Montiferru e del Guilcer. Così fino ai primi del 1925, quando la pressione della montante dittatura e la diserzione di alcuni, o forse di molti, dai suoi ranghi ne determineranno la crisi.
Il terzo tempo - che con il quarto costituirà materia di un saggio che uscirà prossimamente, ma che qui può rapidamente anticiparsi -s´apre a pochi anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, e dopo la lunga interruzione imposta dal regime di Mussolini. Data, esso, dal 1949, anno di svolta per gli ordinamenti anche istituzionali dell´Isola (esordisce con libere elezioni la Regione a statuto speciale quando l´Italia è ormai da un triennio felicemente in repubblica). Saranno due decenni, se non di grande attività, certamente degni di qualche apprezzamento sia per alcune delle figure che lì affineranno il proprio magistero di vita e culturale sia per i definitivi raccordi, fino alla unità, che si opereranno fra gli storici conflittuali rami della Massoneria nazionale (giustinianei e, per quanto si tratti di fenomeno residuale, ferani).
Seguiranno alcuni anni di sonno scelto e condiviso da Artieri fattisi dubbiosi non tanto sulla bontà della causa quanto sulle condizioni interne date - all´indomani del passaggio all´Oriente Eterno del più prestigioso, carismatico ed unificante fra loro -per proseguire nell´attività comunitaria. E nei primissimi anni ´70finalmente si riparte: un gruppo di volenterosi cagliaritani si carica il peso di riallestire il Tempio, di farlo rivivere con la parola e l´ascolto, con i rituali e il proselitismo condotto in loco. Riparte Oristano, e si espandono i numeri degli attivi che prendono nuovamente, e doverosamente, il faticoso controllo delle operazioni, non sempre, ancora una volta, tutte lineari ma certamente commendevoli per la fedeltà di chi vi s´è apprestato e lo sforzo di guardare con spirito critico uno scenario profano sempre più complesso e complicato, e all´apparenza indifferente agli antichi valori.
Dalla loggia ripristinata, ancorché con altra denominazione, altre tre ne vengono in un arco temporale che è ormai al quarto decennio...
(introduzione dell´autore)

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