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Quale utopia?

Italo Calvino e la mappatura del non luogo
Quale utopia? - Pier Paolo Argiolas, Aipsa Edizioni (2013)

Author/s Pier Paolo Argiolas
Publisher Aipsa Edizioni
Edition Cagliari, 2013
Pages 176
Series Master
Genre Non-fiction
Format Paper 
Price € 15,00

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The work

I classici attendono di solito molti decenni per meritare di essere ritenuti tali.

Vi sono però autori e opere per i quali questo differito riconoscimento tende a risolversi in un immediato accordo tra attualità e pathos della distanza. Italo Calvino e le città invisibili, rappresentano uno di questi rari casi.

L´avventura letteraria calviniana si è contraddistinta per la ricerca continua di motori mitopoietici attraverso cui rinnovare i propri moduli narrativi. Questo alternarsi di soluzioni creative si è tradotto, nella tradizionale sistematizzazione critica, nella suddivisione della produzione calviniana in differenti fasi di elaborazione di poetica, scandite in diacronia e distribuite lungo tre fondamentali direttrici contenutistiche e formali: il filone neorealistico, quello della trasfigurazione fantastica (o dell´ironismo allegorico) e quello combinatorio e struttural-semiologico.

A queste macro-fasi della metamorfica tensione calviniana corrisponde una varietà di declinazioni specifiche e riconoscibili della sua militanza letteraria, capaci di spaziare dalla riscrittura dell´esperienza autobiografica a quella dei grandi classici della letteratura, dal colloquio coi poemi cavallereschi all´attenzione verso il tessuto urbano, dalla fiaba al conte philosophique, dal racconto ´iconico´ – scaturito dalla descrizione e interpretazione d´immagini – al richiamo alla letteratura popolare e di consumo, dall´allegoria delle moderne teorie scientifiche all´applicazione di giochi matematici, dagli studi sulla percezione visiva al gioco linguistico, dalla combinatoria ristretta alla riflessione metaletteraria, dalla forma breve alla struttura a cornice.

Il mondo etico ed estetico calviniano ha inoltre sempre oscillato, in ossequio alla sua «insopprimibile duplicità dell´essere», tra polarità ben distinte ma complementari del suo impegno artistico, in una duplicazione degli orizzonti espressa in coppie oppositive ricorrenti divenute quasi antonomastiche – cristallo e fiamma, aprico e opaco, discreto e continuo, Saturno e Mercurio, san Giorgio e san Girolamo – attraverso cui porre sullo stesso piano, come indicato nelle testamentarie Lezioni americane, i valori espressamente richiamati e i contro-valori solo allusi.

Queste grandi opzioni della scrittura calviniana, di norma non circoscrivibili a una sola fase di poetica o a una singola opera, ma costanti e trasversali lungo tutta la sua parabola, vanno infine misurate nelle loro ricadute extra-letterarie, sociali e ideali, ossia nel rapporto tra mondo scritto e mondo non scritto, tra Letteratura e società, i due poli, secondo la terminologia calviniana, ai quali è possibile ricondurre le alternative precedentemente menzionate.

In un elenco così dettagliato, apparentemente onnicomprensivo e persino duplicabile, si avverte la mancanza di un ulteriore motore mitopoietico degno di figurare al fianco di quelli ora evocati, il cui ruolo, solitamente sottostimato, è posto al centro del presente lavoro: il confronto e cimento con la letteratura utopica quale genere letterario.

Gran parte della produzione calviniana, o per lo meno la consistente fase finale, oltre che entro i consueti e corretti binari della critica tradizionale, è leggibile anche come percorso di avvicinamento a una forma di scrittura pienamente utopica. In un elaborato del 1973 concepito per il volume L´utopia rivisitata, curato da Rita Cirio e Piero Favari e incentrato su una ricognizione sistematica delle prospettive della scrittura utopica secondo-novecentesca, Calvino si chiede esplicitamente, sin dal titolo Quale utopia?, quale configurazione narrativa possa assumere la scrittura utopica in un secolo che ha sostanzialmente decretato l´insignificanza della sua variante tradizionale e positiva, e dato spazio, viceversa, al contro-genere – la dystopia – che sin dalla scelta terminologica ne ha evidenziato il fallimento e negato i presupposti.

La partecipazione di Calvino all´operazione collettiva promossa dal volume Bompiani merita di essere ricondotta alla formula interrogativa del titolo citato, capace di sottolineare due distinti ma complementari aspetti della riflessione dell´autore ligure in materia. La formula interrogativa agisce innanzitutto sul piano della plausibilità, ed è segno delle evidenti perplessità sull´effettivo sussistere del genere utopico in un´epoca fondamentalmente pessimista, poco incline alla costruzione di un mondo dalle caratteristiche auspicabili e oltretutto privata dai progressi della tecnica di uno dei primi e più classici parametri della configurazione della fantasia utopica del non-luogo: un altrove dalle coordinate geografiche sconosciute.

La stessa formula interrogativa veicola un secondo aspetto altrettanto cruciale in questa analisi, incentrato, più che sull´effettiva possibilità d´esistenza del genere utopico, sulla selezione delle caratteristiche che possano assicurarne la sopravvivenza novecentesca. Il contributo calviniano infatti – posto a premessa degli altri ospitati nel volume – oltre a tracciare agilmente una piccola storia del profilo del genere, indugia anche e soprattutto sulla proposta di un rinnovato approccio alla scrittura utopica, considerata evidentemente, a patto di massicci interventi di ri-strutturazione, ancora produttiva in termini di fantasia costruttiva e di ricaduta filosofica, politica e sociale.

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