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L'opera

In una Cagliari che, come in sogno, fa da sfondo discreto e al contempo palpabile, alcune vite disperse orbitano barcollanti attorno a un luogo da molti repulso: il carcere. La sorte - sempre ironica - l´ha denominato «Buoncammino»; e un cammino, espiatorio, è quello che devono affrontare i detenuti, e di riflesso le loro famiglie. Dietro quelle sbarre vive Felice, che sceglie il carcere per fuggire dal mondo. La sua famiglia è l´affettuoso padre, eterno bambino – ingenuo e incanutito – che però non lo capisce («[…] so che sei qui perché ci vuoi essere, ma non lo capisco. Ti giuro che non lo capisco.»); Felice, tra affetti monchi, è così cresciuto tuffandosi nell´amore fraterno di Maddalena, ragazzina più grande di lui e alle prese con una madre da accudire.
Con una voce delicata che nasconde forti moti emozionali, ogni personaggio prende la parola per cercare di ricostruire la propria esistenza e riconsiderarla alla luce dell´altro. Le storie di Felice e del padre, di Maddalena e della madre, storie di ultimi, si compenetrano tra silenzi, bugie e verità inutili che svelano come «l´amore sia fatto di cose non dette».