L'opera
´Affacc´a s´allegria b´hat sempre una disgrascia ammanizzada´. ´Pro la leare bella e incostante, mezzus una feona e vera amante´: sono solo due dei numerosi diccios tratti dalla produzione poetica di Bèrtulu ´e Serra che la gente, specialmente a Tissi, continua a citare e attualizzare. Questo testimonia la grande diffusione e la relativa fama che il poeta, tissese di nascita benché figlio di un thiesino e di una cheremulese, raggiunse già prima della morte a soli trentatrè anni di età. Sebbene escluso dal novero dei poeti tissesi dell´800 dallo studioso Andrea Mulas, autore dell´antologia del 1902 Poesie dialettali tissesi, Bèrtulu ´e Serra ha sicuramente lasciato una traccia nel patrimonio collettivo della comunità di riferimento. E se non sempre è facile stabilire quali modi di dire e aforismi il poeta abbia tratto dalla tradizione e quali invece lui stesso abbia consegnato al serbatoio del lessico comune, è di certo dal suo poema più celebre che deriva il modo di definire una donna ´leggera´ come ´una Flora´, un´antonomasia che per decenni ha connotato l´espressione di un pregiudizio comune. Una storia, quella dell´amore del poeta per questa giovane donna, che ha affascinato i sardi di buona parte dell´isola, ai quali i versi del cantore logudorese sono pervenuti per trasmissione scritta, in seguito alla prima edizione del 1893, o per tradizione orale. Ancora oggi le strofe del poemetto affascinano il lettore per la varietà metrica, per l´espressività di certe immagini e per l´intensità emotiva.
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