Vai direttamente al contenuto

SBS

Sardinia Bibliographic Services

Sardinia Bibliographic Services
     
  
Forgotten your password?
Subscribe now!

La memoria di un secolo

Press review | La Nuova Sardegna | Tue, 31 May 2005
Immagini cinematografiche di un passato non lontano che talvolta sembra decisamente remoto. Chiese romaniche in disfacimento, nuraghi, pecore e capre, pastori con lunghe barbe, paesini abbarbicati sulle montagne, feste e sagre in costume. Poi il panorama cambia: nuove città (Arborea, Carbonia, Fertilia), opere pubbliche, parate militari, viste del Duce e dei reali, inaugurazioni di monumenti, discorsi patriottici. Con la fine del fascismo e poi della guerra, ritorna il contrasto: l´ambasciatrice americana "scorta" i mangimi per il bestiame ridotto alla fame dalla siccità e il presidente Einaudi visita i paesi del Sarrabus devastati dalle alluvioni; compaiono le città moderne e le strade per collegarle, ma le feste e i costumi sono sempre lì, anche quando gli intermezzi ludici appaiono meno tradizionali: una sfilata di moda, un concerto di Mal dei Primitives, un film girato a Villasimius con Catherine Spaak, i campioni della boxe isolana (Rollo e Manca), il Cagliari che diventa una squadra di calcio famosa, e gli ormai scomparsi giri ciclistici della Sardegna. Un cinquantennio (1924-1973) decisivo per la storia dell´isola è sinteticamente racchiuso in una pubblicazione della Carlo Delfino Editore: un centinaio di documenti filmati contenuti in tre dvd. Il titolo è Sardegna ´900 - Memorie di un secolo, il marchio del Luce indica la provenienza delle immagini.
Tra i cento pezzi proposti dall´editore Delfino, vi sono appunto documentari e brevi spezzoni di cinegiornali di provenienza diversa ed alcuni documentari di Fiorenzo Serra, prodotti dallo stesso regista. Va anche aggiunto che i cento pezzi né sono l´intera collezione sarda del Luce né l´intero repertorio repertoriodel documentarismo sulla Sardegna, che comprende oltre cinquecento filmati, tra corto e lungometraggi, e una quantità sterminata di brevi frammenti cinegiornalistici. Il campione proposto è però sufficientemente rappresentativo, sia in senso tematico che formale. Mancano soprattutto alcune filmografie d´autore: non solo altri titoli di Serra, ma anche quelli di Costa, il bel film della Disney "Sardinia", i filmati lunghi su "Mussolinia" (autore Raffaello Matarazzo) e "Carbonia"(Fernando Cerchio) e soprattutto il dittico di Vittorio De Seta, "Pastori di Orgosolo" e "Un giorno in Barbagia". Ma, appunto perché rappresentativi, i filmati si offrono a rischiose interpretazioni: quale idea di Sardegna, al netto delle generalizzazioni, ci comunica? Quale filo conduttore storico e culturale ci offre?
Tralasciando l´inevitabile riflesso "emozional-spettacolare, usato con successo da Gianfranco Cabiddu e Paolo Fresu ("Sonos ´e memoria" e "Passaggi di tempo"), date e luoghi dell´antologia ci indicano un inevitabile punto di sintesi: il difficile e contraddittorio cammino della Sardegna verso la modernità. La prima serie temporale (1924-1931) è infatti quasi totalmente sovrastata da un arcaicità senza tempo: impossibile sottrarsi a questa idea di Sardegna che permeava la cultura nazionale ed europea. Ma già all´inizio degli anni Trenta, la politica e l´estetica del fascismo impone varianti significative: eventi pubblici in primo piano, anche nella Sardegna più profonda e periferica, costumi e sagre sullo sfondo: semplici presenze folcloriche. Poiché nella serie mancano "Mussolinia" e "Carbonia", costruiti appunto sull´opposizione netta - di derivazione futurista ed eisenteniana - tra "vecchio" (miseria, malaria e siccità) e "nuovo" (civiltà agraria e industriale), i pezzi forti di questo slittamento semantico sono la fabbrica di giocattoli "sardi" inventata da Tavolara e da Siglienti a Sassari (il cinegiornale è del 1936) e soprattutto il breve filmato sulla bonifica di Sanluri, in cui la sagra campestre è luccicante di modernità, asettica, e senza più tracce di etnicità.
Il modello formale del documentario fascista farà scuola per buona parte del dopoguerra. Poi, con gli anni Sessanta, l´inchiesta televisiva seppellirà il documentarismo tradizionale e farà vedere e sentire squarci più ampi e più variegati dell´isola, senza rinunciare alla reticenza nei casi scabrosi: il documentario sui morti di Orgosolo e sul bandito Grussoto (1962) è un esempio straordinario di questa autocensura, che oggi appare ridicola.
Insomma, ammesso che si possano accettare tutte le semplificazioni, l´interrogativo principale resta immutato: quale è la vera Sardegna? Quella degli alberghi di lusso nella Costa Smeralda, appena costruiti, o quella del latitante di Orgosolo Giuseppe Muscau "Grussoto", a suo modo piuttosto celebre, visto che fu uno dei nemici del giovane Graziano Mesina?
Per finire, una provocazione: negli anni Sessanta, quando si sentono finalmente le voci dei sardi, si ha la certificazione che molte cose erano davvero cambiate, anche nell´uso della lingua. Parlate locali sullo sfondo, ma di fronte alla macchina da presa un italiano fluente anche nei più remoti paesi della Barbagia. Il bilinguismo perfetto. Tutto il contrario di ciò che accade, oggi, in certi finti documentari etnografici in cui molti giovani si sforzano apertamente di parlare in un sardo tradotto dall´italiano, una lingua che usano comunemente nella loro vita pubblica.

(Gianni Olla)

Top of page   Stampa Print this page   Condividi Share
Sardinia Bibliographic Services