Immagine
 Servizi Bibliografici Sardegna... di Admin
"
Asculta a mie: in sa limba de bidda nostra bi sun totas sas limbas de su mundu, ca s'istoria de sa bidda est s'istòria de totu su mundu.

Cicitu Masala (Sa limba est s'istòria de su mundu)
"
 
\\ Home Page : Storico : Recensioni (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di madrigols (del 20/11/2008 @ 11:57:59, in Recensioni, linkato 1628 volte)
#nd#
 
Di madrigols (del 20/11/2008 @ 12:04:01, in Recensioni, linkato 2112 volte)
#nd#
 
Di Redazione (del 23/01/2011 @ 21:35:34, in Recensioni, linkato 1182 volte)
#nd#
 
Di Redazione (del 25/02/2011 @ 22:28:13, in Recensioni, linkato 1899 volte)

«Il passato è un inganno che ritorna, un tormento, un film che si ripete dentro la mia testa, sempre uguale, come una malattia insidiosa. Una malattia che mi vuota e mi stanca, e che mi ha guastato il cervello. Una malattia che mi ha portato qui, alla Casa Matta, così la chiamiamo noi». È così che ha inizio la narrazione di Oreste, l’io narrante di Vicolo Rosso, ultimo romanzo di Augusto Secchi edito da Condaghes. Lasciandosi cullare dal flusso dei propri ricordi, resi ancora più intensi da una malattia che «scolora le immagini più recenti e tinge di particolari un passato che credevo sepolto», Oreste rivive e condivide un passato storico e personale nostalgico, fatto di rimpianti e sogni svaniti di cui ormai rimane solo una bandiera e una porta murata in Vicolo Rosso, troppo “periferico” rispetto ai luoghi da cui giungevano decisioni e linee da seguire.

Le storie dei compagni Sergio e Stalin, del Profeta, pronipote di Michele Schirru, dell’insolito poeta Giambo e del giovane rivoluzionario Evelino creano un intreccio tra la storia e le loro singole esistenze che confluiranno in un comune declino cullato da ricordi fatti di nostalgia, amarezza e rimpianti per quell’occasione perduta che avrebbe potuto cambiare il corso della storia. A fare da sfondo ai percorsi dei singoli personaggi e a caratterizzarne gesti e umori, c’è Berlinguer in un indimenticabile comizio con gli Inti-illimani, il Gulag e un libro «aperto sull’ultima pagina, le ultime righe sottolineate con tratti forti di matita» lasciato su un tavolo del bar di Stalin, la svolta della Bolognina e la decisione di cambiare il nome al partito, il muro di Berlino e la sensazione di «essere incantati dal nostro stesso fallimento, dal fallimento dei nostri ideali, della nostra storia».

Con il suo romanzo Augusto Secchi dà vita a un flusso di ricordi che costituisce un percorso politico, storico ed emotivo da cui trapela la nostalgia di una coscienza politica che era anche passione e che oggi sembra essersi perduta. Ne è la prova il fatto che insieme ai sogni e agli ideali decadono anche i personaggi, non in grado, o meglio non desiderosi di appoggiare quella “svolta”. Tale flusso, a metà strada fra il monologo interiore e il dialogo con un interlocutore la cui presenza è avvertibile solo nelle parole di Sergio, trova espressione in un linguaggio volutamente lontano dallo standard. Vicolo Rosso cattura l’attenzione del lettore coinvolgendolo in un’atmosfera che lo porterà in un turbinio di riflessioni su declini e debolezze, amicizie, coerenza e messa in discussione della propria sfera privata per ideali politici. «Dove sono gli ideali e i sogni che mi facevano piangere quel giorno ascoltando gli Inti-Illimani e Sergio e Berlinguer abbracciati?». Forse è proprio questo che il lettore si chiederà posando il libro.

 
Di Redazione (del 25/02/2011 @ 23:07:07, in Recensioni, linkato 1254 volte)
Sa faina literària de Francu Pilloni est beni matuca cun d-una bella pariga de lìburus in sardu e in italianu puru. In cust’òpera noa paricis stòrias currint in su contai de su lìburu po nci torrai, che arrius a mari, totus a su contu de Arega Pon Pon, sa protagonista. Su contu nci ferit fintzas a Amèrica, de susu e de giossu, ndi tòrrat a Casteddu e nci imbatit a una bidda cali si siat a giru de su Monti Arci. E si est giustu e bellu chi is contus in sardu no fueddint sceti de cosa sarda, s’est pràxiu meda chi in custu traballu Casteddu puru nc’apat tentu parti. Contus casteddajus gei nci nd’at ma sa ‘Tzitari’ iat a podi tenni una parti prus manna puru in sa literadura sarda e at fatu beni Pilloni a ddi torrai su logu chi ddi spètat. Seus tra Casteddu de Susu e sa Marina, aundi is poetas si funt chescendi ghetendinci a terra billeteddus cun fueddus scarèscius chi cròsant apari, e a Plàcidu, s’atori printzipali, ddi incapìtat de atobiai a una stràngia chi nci ddu pòrtat a unu logu mai biu e mai connotu. In su interis Arega Pon Pon, piciochedda disdiciada allomingiada Pon Pon po dda stroci, s’agàtat a sola a s’acabu de su mundu, chi est spaciau cumenti no s’emus a abetai mai. Su contu inghìtzat de un’acuntèssiu malu, de una violèntzia e de una morti ma cumenti acostùmat a acadessi, de sa morti etotu ndi tòrrat a nasci sa vida e a Arega mancai malassortada, ddi tòcat a ndi torrai a pesai totu s’umanidadi, finas gràtzias a unu gioghitu nou chi at abritiau impari cun su fillu. Sa famìllia s’amànniat, issa cun Gianu, su fillu, sighint a fai atrus fillus e is fillus aici etotu, una tzivilidadi noa si ndi tòrrat a strantaxai a bellu a bellu, torrendi a imparai totu su chi serbit po si campai. Aici sa vida tòrrat a nasci, òminis e fèminas ndi tòrrant a preni su mundu e Arega Pon Pon benit a essi s’ajaja manna de su mundu nou. Pilloni est unu scridori capassu, chi scit contai e tenit cosa de nai, duas calidadis chi iant a depi caminai sèmpiri paris po fai literadura bona. Sa prosa est sciuta, praxili e fintzas spassiosa candu ddi dexit. Sa lìngua est unu campidanesu literàriu chi s’autori connoscit beni e fatu fatu oberit a is fueddus e a su spìritu de su sardu marmiddesu, colorendiddu de coloris suus particularis chi dd’arrìcant e si ddu faint parri ancora prus biatzu. Cosa chi si praxit meda, chi in d-una standardizatzioni literària ddui siat ancora su logu po is scioberus personalis, po sighiri a amanniai una literadura chi oindi’ no si parit prus aici pitica.
 

S’Acabadora. È ora di finirla? di Toni Soggiu, (postfazione di Antoni Arca, Condaghes, Cagliari, 2010, pp. 105, Collana “Contos e Amentos”), fin dalla sua uscita non ha mancato di suscitare molte polemiche, sulla scia del romanzo di Michela Murgia, dal titolo omonimo, ma stavolta con due c e senza l’articolo, vincitrice un po’ a sorpresa, del premio Campiello 2010, edito da Einaudi nel 2009 per la collana “Supercoralli” ma soprattutto per il lavoro di Dolores Turchi, dal titolo: Ho visto agire s’accabadora, la prima testimonianza oculare di una persona vivente sull’operato de s’accabadora, Iris, Oliena, 2008.

Il Soggiu confuta punto per punto tutta una serie di credenze e luoghi comuni e, tra le righe, chi in buona fede o cavalcando la leggenda vuol dimostrare che questa, diciamo così, particolare figura professionale fosse realmente esistita. Il termine, di derivazione catalana, sarebbe stato introdotto nel tardo Medioevo e quindi già in contraddizione con chi fa risalire tale macabro “rituale” alla notte dei tempi.

Secondo l’autore, la leggenda de s’acabadora si radicò nell’immaginario collettivo probabilmente per effetto di alcuni romanzi pubblicati nell’Ottocento da Carlo Varese, addirittura alcuni tradotti in inglese e pubblicati a Londra, dai viaggiatori inglesi in Sardegna, nonché da alcune “forzature ideologiche” di Joyce Lussu e Francesco Masala.

Ma le tante obiezioni dell’autore quelle più forti e convincenti, sicuramente, riguardano l’assenza totale di cronache o documenti dell’epoca che trattino di denunce, liti, processi, relativi a eredità contese tra i parenti del defunto.

Il Soggiu insinua anche una latente visione lombrosiana del fenomeno da parte di chi avrebbe interesse a criminalizzare un intero popolo in un’ottica di stampo colonialista.

Personalmente ritengo che i Sardi, per tradizione, abbiano sempre avuto nei confronti degli anziani un rispetto e una considerazione per la loro saggezza ed esperienza. Mi chiedo anche: se si trattava di una sorta di eutanasia perché praticarla solo nei confronti degli anziani e non a tutti coloro che si trovavano in condizioni di salute irreversibili? Ma chi poi può fare tale valutazione? Diciamo che l’eutanasia e l’infanticidio, altro argomento correlato e trattato nella pubblicazione, sono stati praticati, nel bene e nel male, da tutti i popoli indistintamente e non in maniera quasi sistematica e tribale come si vorrebbe far credere.

In conclusione, l’autore sostiene che s’acabadora non sarebbe altro che la Madonna richiamata nelle preghiera dell’Ave Maria, la fine della vita, s’acabu de s’ora in lingua sarda. “Sa femmina accabadora”, la donna chiamata per predisporre le fasi antecedenti la sepoltura.

La postfazione di Antoni Arca, perfettamente in linea con l’analisi dell’autore, risulta anch’essa rigorosa e allo stesso tempo, a tratti ironica, talvolta quasi esilarante contribuendo a renderne piacevole la lettura.

 

Dabolina è stato il leit-motiv degli anni '90, e molti se li ricordano bene, quegli anni di discoteche, cappuccino e cornetto all’alba e una movida cagliaritana per molti versi insospettabile, o forse appena visibile sotto la superficie di sabati (ma anche giovedi e venerdi) in fondo tutti uguali.

Un titolo molto efficace per questo romanzo di Francesco Abate, giornalista e disc jockey conosciuto col nome di Frisco. Il luogo mai chiaramente indicato è ovviamente la Sardegna, in particolare Cagliari e le sue coste, meta delle migrazioni notturne di massa del divertimento estivo. Sono infatti riconoscibilissimi nella narrazione i ritrovi della ex gioventù cagliaritana, accasata e imborghesita quanto basta per giustificare ai propri e altrui occhi una esistenza parallela fatta di nottate in discoteca e avventure varie ed eventuali in compagnia della Family (proprio così, all’americana), ad indicare il gruppo che accompagna il protagonista, avvocato di giorno e dj la notte, nel lavoro alla consolle.

Proprio nella scelta dei protagonisti è evidente la volontà di farne degli esempi, degli archetipi quasi: agli improbabili nomi come Furio e al melting pot etnico perlomeno inusuale per una Cagliari che immaginavamo più provinciale si accompagna il chiaro intento di tracciare una storia “diversa” da quella prevedibile e sonnolenta di una “capitale” in realtà schiava delle proprie abitudini tranquillizzanti e un po’ piccine: il bagno al Poetto, il weekend alla “villetta” al mare, il caldo soffocante di certi pomeriggi, la rosticceria sotto casa e così via.

La vita scorre e la bella stagione è appena cominciata quando un omicidio incrina l’oliata macchina della Family dell’avvocato Grimaldi e i problemi di ognuno dei componenti esplodono.

Il romanzo – niente a che vedere con il filone noir sardo, qui predomina la narrazione in sé piuttosto che la soluzione del giallo- si legge benissimo, nonostante o forse proprio per lo stile semplice e diretto senza grandi introspezioni ma con un po’ di cattiveria non scontata. L’elemento interessante di questo “remix” è che si tratta della riscrittura del romanzo originale pubblicato da Castelvecchi nel 1998, con la sovrapposizione di una nuova trama che fa partire il libro dall’adolescenza dei protagonisti e un finale diverso.

Dopo il primo Mister Dabolina Francesco Abate ha scritto alcuni altri libri, di ambientazione diversa ma accomunati dalla presenza di personaggi in chiaroscuro, mai soltanto cattivi e mai solo “risolti”: ricetta efficace per non rendere prevedibile la narrazione, che è poi quello che si chiede a una buona storia.

 

Un intrigo letterario raffinato, intenzionalmente colto nella scelta dell’ambientazione, in un gioco del domino di letture e scritture che porteranno il lettore verso la soluzione del “giallo”, a cui nulla manca: l’intrigo, l’amore infelice, le doppie identità, l’ambientazione gotica, la dark lady e l’ingenua protagonista (che tanto ingenua non è).

Il primo romanzo di Annalena Manca, sassarese trapiantata a Roma, racconta una storia che solo apparentemente sembra tratta da un romanzo d’appendice, con tanto di giovane orfana che agli inizi del Novecento viene assunta da una nobile famiglia di Napoli per badare ai cinque figli, in realtà per scrivere la storia della famiglia.

Anche la giovane protagonista Teresa Senzabene, però, nasconde un segreto, che è proprio il motivo per il quale è stata chiamata a svolgere quel compito nella casa della misteriosa baronessa-pittrice Maddalena. I frequenti rimandi presente-passato svelano poco a poco la trama di un mystery molto “letterario”, perché di libri si parla, e di scrittori e di storie: le vicende incrociate della protagonista e del suo passato si intrecciano con quella della famiglia dei baroni di Falcialunga, in una atmosfera gotica che arriva fin quasi ai giorni nostri.

Chi ha amato un libro come “Possessione” di Antonia Byatt, coltissimo giallo letterario basato su figure mitiche come gli pseudo-biblia e sulla ricerca bibliografica, apprezzerà L’Accademia degli scrittori muti: infinitamente più lineare nella scrittura, originale e non scontato nel finale, dimostra come anche un libro o una lettera, talvolta, possono essere il corpo del reato.

 
Di Redazione (del 02/03/2011 @ 15:42:44, in Recensioni, linkato 3335 volte)

La raccolta nasce da un concorso letterario organizzato nel 2006 dal circolo culturale “Miele amaro” di Cagliari. E proprio la “Città del Maestrale” è il filo conduttore di questi 16 racconti, tra i quali 9 sono stati selezionati tra i 40 partecipanti, 6 invece sono stati scritti da altrettanti autori già affermati: Paolo Maccioni, Fiorella Ferruzzi, Gianluca Floris, Nino Nonnis, Giuseppe Pusceddu e Salvatore Pinna.

L’ultimo, Diana Blues, è un esperimento letterario promosso da “Miele amaro”: si tratta di una avventura “open source” di Catfish, il dj-investigatore creato da Francesco Abate e Massimo Carlotto. I lettori hanno cioè potuto scrivere in forma libera e partecipata la nuova storia di Catfish.

La città di Cagliari è lo sfondo delle storie ma spesso ne è anche diretta protagonista, con i suoi quartieri, il suo slang e i suoi “tipi umani”, e i suoi luoghi dell’anima: si vedano a questo proposito la signora Isia, fioraia a San Michele, dell’esordiente Andrea Serra e la storia nero-immobiliare di Paolo Maccioni.

Il bello del “noir” sta nelle sue numerose sfaccettature, molte delle quali presenti in questa raccolta che vede contributi di alta qualità anche negli esordienti: il racconto nerissimo (e ottimo) di Laura Mattana si accompagna, ad esempio, alla sottile malinconia del Telefono Amico della Ferruzzi o al simpatico magistrato di Gianluca Floris. Che poi la Sardegna contemporanea produca soprattutto scrittori noir o gialli (che siano nuovi o già conosciuti sta semplicemente a indicare la durata nel tempo del fenomeno), comunque spesso impropriamente detti di “genere”, è domanda-non domanda interessante. Ci sarà una specificità isolana, arditamente definita “nouvelle vague” sarda, o ci piace solamente crederlo? Non sarà, semmai, che pochi “generi” (definizione riduttiva per uno stile multiforme come quello in oggetto) sono, semplicemente, scrivibili, leggibili e godibili quanto la narrativa noir?

L’esperimento di Nero Cagliari e Dintorni ha certo il merito di essere, rispetto ad analoghi tentativi, di buona qualità e di rivelare nuovi aspetti di una città che credevamo di conoscere già benissimo, ma nella quale si muovono, evidentemente in incognito, moltissimi scrittori al di sopra di ogni sospetto.

 
Di Redazione (del 02/03/2011 @ 15:48:33, in Recensioni, linkato 2289 volte)

Ovvero come raccontare i grandi personaggi della storia ai più piccoli, “semplificando” una figura quasi mitologica come quella di Antonio Gramsci attraverso la rilettura fiabesca delle celebri Lettere dal carcere. Per una “legge del contrappasso” buona e “al contrario”, la vocazione pedagogica di Gramsci viene pienamente espressa attraverso le lettere scritte nel periodo terribile delle detenzione, in cui la parola scritta era l’unico punto di contatto con il mondo e gli affetti: la moglie, i figli piccoli, la cognata Tania e la sorella Teresina, nonché la madre e i fratelli.

L’impostazione educativa di Antonio Gramsci, fondata sul primato della “forza di volontà”, l’amore per la disciplina e il lavoro, non è rivolta al bambino in maniera coercitiva e artificiale; egli si rivolge innanzitutto agli educatori, che hanno bisogno, loro sì, “di essere educati”, soprattutto in relazione alle maggiori difficoltà che le bambine incontreranno nel loro percorso di vita (lettera a Giulia del 21 novembre 1927, a Tania del 30 aprile 1928, e successivamente a Carlo e Teresina).

Uno straordinario messaggio di riconoscimento della personalità del bambino, della parità fra i sessi e anche di femminismo ante-litteram, nonché un segnale importante per gli adulti che si accosteranno a questo libro per spiegare ai piccoli lettori (l’età consigliata è dai 7 anni in su) il significato e il contesto storico e umano di ogni fiaba. Antoni Arca compie un eccellente lavoro di veicolazione dei messaggi del pensiero gramsciano, come quello della solidarietà e consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni (ne “Il topo e la montagna”), del “pessimismo della ragione e di ottimismo della volontà”, soprattutto nello studio (nelle lettere alla madre dell’agosto del 1931 e del 1932 ad esempio, sollecita una maggiore attenzione alle cose del mondo, anche quello piccolo di Ghilarza), e della realtà e accettazione dell’imperfezione fisica (l’Antonio-Nino protagonista è un piccolo uomo un po’ gobbetto); correttamente non viene nascosto o edulcorato, ma spiegato, anche il Gramsci padre, lontano fisicamente ed emotivamente dai piccoli figli (“Babbo Babar”).

“I racconti di Nino” è un ottimo libro per i ragazzi, più “pedagogico” che didattico, ma anche per gli adulti, che vi ritroveranno il pensiero di uno dei più importanti intellettuali del Novecento sintetizzato, tradotto con semplicità, quasi un punto di partenza per chi volesse cominciare a conoscere Gramsci.

 
Pagine: 1 2 3
< marzo 2024 >
L
M
M
G
V
S
D
    
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
             

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Editoria libraria (2)
Editoriale (5)
Interviste (6)
Recensioni (29)

Catalogati per mese:
Luglio 2008
Agosto 2008
Settembre 2008
Ottobre 2008
Novembre 2008
Dicembre 2008
Gennaio 2009
Febbraio 2009
Marzo 2009
Aprile 2009
Maggio 2009
Giugno 2009
Luglio 2009
Agosto 2009
Settembre 2009
Ottobre 2009
Novembre 2009
Dicembre 2009
Gennaio 2010
Febbraio 2010
Marzo 2010
Aprile 2010
Maggio 2010
Giugno 2010
Luglio 2010
Agosto 2010
Settembre 2010
Ottobre 2010
Novembre 2010
Dicembre 2010
Gennaio 2011
Febbraio 2011
Marzo 2011
Aprile 2011
Maggio 2011
Giugno 2011
Luglio 2011
Agosto 2011
Settembre 2011
Ottobre 2011
Novembre 2011
Dicembre 2011
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Marzo 2012
Aprile 2012
Maggio 2012
Giugno 2012
Luglio 2012
Agosto 2012
Settembre 2012
Ottobre 2012
Novembre 2012
Dicembre 2012
Gennaio 2013
Febbraio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Giugno 2013
Luglio 2013
Agosto 2013
Settembre 2013
Ottobre 2013
Novembre 2013
Dicembre 2013
Gennaio 2014
Febbraio 2014
Marzo 2014
Aprile 2014
Maggio 2014
Giugno 2014
Luglio 2014
Agosto 2014
Settembre 2014
Ottobre 2014
Novembre 2014
Dicembre 2014
Gennaio 2015
Febbraio 2015
Marzo 2015
Aprile 2015
Maggio 2015
Giugno 2015
Luglio 2015
Agosto 2015
Settembre 2015
Ottobre 2015
Novembre 2015
Dicembre 2015
Gennaio 2016
Febbraio 2016
Marzo 2016
Aprile 2016
Maggio 2016
Giugno 2016
Luglio 2016
Agosto 2016
Settembre 2016
Ottobre 2016
Novembre 2016
Dicembre 2016
Gennaio 2017
Febbraio 2017
Marzo 2017
Aprile 2017
Maggio 2017
Giugno 2017
Luglio 2017
Agosto 2017
Settembre 2017
Ottobre 2017
Novembre 2017
Dicembre 2017
Gennaio 2018
Febbraio 2018
Marzo 2018
Aprile 2018
Maggio 2018
Giugno 2018
Luglio 2018
Agosto 2018
Settembre 2018
Ottobre 2018
Novembre 2018
Dicembre 2018
Gennaio 2019
Febbraio 2019
Marzo 2019
Aprile 2019
Maggio 2019
Giugno 2019
Luglio 2019
Agosto 2019
Settembre 2019
Ottobre 2019
Novembre 2019
Dicembre 2019
Gennaio 2020
Febbraio 2020
Marzo 2020
Aprile 2020
Maggio 2020
Giugno 2020
Luglio 2020
Agosto 2020
Settembre 2020
Ottobre 2020
Novembre 2020
Dicembre 2020
Gennaio 2021
Febbraio 2021
Marzo 2021
Aprile 2021
Maggio 2021
Giugno 2021
Luglio 2021
Agosto 2021
Settembre 2021
Ottobre 2021
Novembre 2021
Dicembre 2021
Gennaio 2022
Febbraio 2022
Marzo 2022
Aprile 2022
Maggio 2022
Giugno 2022
Luglio 2022
Agosto 2022
Settembre 2022
Ottobre 2022
Novembre 2022
Dicembre 2022
Gennaio 2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023
Novembre 2023
Dicembre 2023
Gennaio 2024
Febbraio 2024
Marzo 2024

Gli interventi più cliccati

Titolo
Bianco e nero (2)

Le fotografie più cliccate

Titolo
Ti piace questo blog?

 Fantastico!
 Carino...
 Così e così
 Bleah!

Titolo


Titolo


29/03/2024 @ 09:21:49
script eseguito in 63 ms