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Intervista a Clara Murtas
Di Redazione (del 28/02/2011 @ 01:31:03, in Interviste, linkato 1402 volte)

Il suo libro “Sante & Sciamane” racconta le “cose di donne”, le esperienze più intense dell’universo femminile, come la maternità. Ha tratto ispirazione più dallo studio e dall’osservazione o dalla sua esperienza personale?

Nonostante dall’età di vent’anni io abbia sempre lavorato nel campo artistico, sono una donna che ha vissuto la maternità e la cura della casa e della famiglia come attività principale della propria esistenza, proprio come accade a moltissime altre donne. La differenza sta nel fatto che ho sempre una visione artistica della realtà e in tutto ciò che faccio e che vedo fare dagli altri, osservo e analizzo le analogie e le differenze per trarre un insegnamento che possa essere utile a me stessa ma possa anche essere comunicato in forma artistica e sia dunque utile anche agli altri.

Secondo Lei esiste davvero il sentimento della “sorellanza” fra donne o è vero piuttosto che la competizione è sempre spietata, in ogni ambito della vita, più che fra gli uomini?

Si può parlare piuttosto di solidarietà tra donne finalizzata al miglior rendimento del servizio che la donna un tempo rendeva alla società: l’iniziazione ai misteri della riproduzione, il parto, la cura dei bambini; oggi questo manca per via dei mutamenti sociali. Essendo oggi diventata la donna un soggetto sociale, e non un oggetto, come individuo la donna sta scoprendo la sorellanza così come gli uomini scoprono la fraternità; ma questi sono valori che dobbiamo ancora conquistare. Fino a che l’obiettivo dell’individuo sarà il potere, esisterà la competitività. Comunque questa è sempre stata notoriamente maggiore tra le donne, forse perché gli uomini sulla piazza sono sempre stati numericamente inferiori alle donne.

La donna “moderna” ha perso un po’ di quella magia “ancestrale” che le derivava dalla sua unicità rispetto al maschio, che anche per questo la rispettava? La parità dei sessi, insomma, secondo lei ha nuociuto in qualche modo al mistero femminile?

I misteri sono scomparsi tutti. Apparentemente. C’è stato un appiattimento dato dall’illusione che la scienza ci possa spiegare tutto. Infatti è così, solo che bisogna intendersi su ciò che è veramente scientifico. Spesso per pensiero scientifico si intende pensiero materialistico che non è certo l’unico metodo di indagine possibile. Ci sono donne che ancora mantengono un contatto con lo spirito del mondo e della natura, che usano quella particolare sensibilità dell’essere femminile derivata dalla familiarità con la generazione della vita. Se vogliamo chiamiamola magia io parlerei piuttosto dello sviluppo particolare dei sensi e della percezione in genere. Io direi che ieri la donna veniva rispettata a patto che stesse al posto suo. Oggi è temuta perché invade gli spazi tradizionalmente ritenuti maschili; il problema rimane: qual è il posto della donna, e quale quello dell’uomo?

Cosa c’è di uguale e cosa di diverso fra le donne di venti anni fa e quelle di oggi? Sono ancora quelle donne che affascinavano D.H. Lawrence, “con la schiena dritta e i pugni duri”?

Certamente in Sardegna è così. Noi sarde siamo orgogliose, a volte troppo…

Quali sono i suoi progetti in corso e quelli futuri?

Continuare ad occuparmi della differenza di genere, adesso sono alle prese con il progetto Deinas (oracoli) insieme a Rita Atzeri del Crogiuolo. Stiamo divulgando nelle scuole in questi giorni, i risultati di una ricerca etnografica realizzata sul campo da Marco Lutzu e curata dalla società Sarditinera per la Provincia del Medio Campidano. Questo progetto intende avvicinare i ragazzi alla conoscenza della poesia estemporanea in lingua sarda e prevede da parte mia(insieme a Simon Balestrazzi) anche la realizzazione di un disco con la riproposta di alcuni brani musicali in una rielaborazione personale.

Che messaggio vorrebbe fosse colto dai lettori del suo libro?

Vorrei che si considerasse il passato con obiettività recuperando ciò che ancora ci può essere utile, e in particolare che le donne ragionassero sulla differenza di genere accettando la loro specificità. Auspico che la donna coltivi la sua sensibilità particolare in senso sociale per continuare ad essere in modo attuale un esempio nella cura del mondo.

Tornare a vivere e lavorare in Sardegna, studiarne le tradizioni, sperimentarne le possibilità espressive: tutto questo ha influito positivamente sulla sua creatività? E quali differenze ha trovato rispetto alle esperienze fatte “al di là” del mare?

Tornare qui è stata una tappa obbligata del mio personale percorso di crescita. Lo studio delle tradizioni mi permette di prefigurare nuove prospettive per il futuro della Sardegna e non solo. Mi ha dato un grande impulso creativo anche se non sempre quello che cucino trova appetiti adeguati. Forse al di là del mare c’è più appetito e maggiore spregiudicatezza. In Sardegna gli schieramenti di potere sono molto netti, ed io per scelta sono fuori da questi schieramenti.

Perché ha parlato solo delle donne sarde? Cosa le differenzia dalle altre che ha conosciuto?

Le donne sarde sono speciali perché la nostra società in genere che è molto conservativa, ci mostra sopravvivenze di comportamenti e di valori che altrove vanno scomparendo rapidamente. Per esempio l’attaccamento alla terra e l’interesse per la ritualità.

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